L’indagine europea sugli influencer
L’indagine europea sugli influencer, condotta dalla Commissione europea in collaborazione con le Autorità garanti dei consumatori di vari Stati, inclusa l’Italia, ha gettato luce su alcune pratiche preoccupanti nel mondo del digital marketing e della pubblicità online.
Con un campione di 567 influencer esaminati in tutta Europa, attivi in settori diversi come moda, lifestyle, bellezza, alimentazione, viaggi e fitness, questa indagine ha rivelato che quasi tutti gli influencer (97%) pubblicano contenuti commerciali. Tuttavia, soltanto il 20% di questi ha segnalato in modo chiaro e trasparente la natura pubblicitaria dei loro post, lasciando un ampio margine di miglioramento per quanto riguarda la trasparenza e l’etica nella comunicazione online.
Indagine europea sugli influencer: una questione di trasparenza
Nonostante le piattaforme di social media offrano strumenti appositi, come le etichette di “partnership a pagamento”, il 38% degli influencer che hanno ammesso la natura commerciale dei loro post ha scelto di non utilizzare queste opzioni. Invece, hanno optato per terminologie vaghe come “collaborazione” o “partnership”, o hanno semplicemente espresso ringraziamenti generici ai marchi, rendendo difficile per i consumatori distinguere i contenuti pubblicitari da quelli organici.
Il problema si estende oltre la mera mancanza di trasparenza. Circa il 40% degli influencer esaminati ha promosso prodotti, servizi o marchi propri, e il 60% di questi non ha segnalato in modo coerente la natura pubblicitaria di tali comunicazioni. Questa reticenza nell’identificare chiaramente i post sponsorizzati non solo confonde i consumatori, ma sottolinea anche una mancanza di conformità alle leggi e alle normative in vigore, rischiando di minare la fiducia nel settore degli influencer.
L’indagine europea sugli influencer ha inoltre evidenziato che solo la metà degli influencer dichiara ufficialmente di svolgere questa attività come professione, implicando che molte personalità online potrebbero non essere pienamente consapevoli delle responsabilità legali e fiscali associate alla loro attività. In risposta a queste scoperte, l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato in Italia, così come altre autorità nazionali, ha iniziato a prendere provvedimenti, spingendo per una maggiore trasparenza e per l’adozione di pratiche pubblicitarie più etiche.
Il Digital Service Act
La Commissione europea, attraverso questa indagine e le azioni conseguenti, mira a stabilire standard più elevati di trasparenza e affidabilità nel marketing digitale. Con il Digital Service Act, entrato in vigore il 17 febbraio, e ulteriori misure di contrasto, si cerca di responsabilizzare non solo gli influencer ma anche le piattaforme social su cui operano, per un internet più sicuro e equo.
I risultati dell’indagine della Commissione europea sottolineano la necessità urgente di un cambiamento nel modo in cui gli influencer comunicano con il loro pubblico. La mancanza di trasparenza e la reticenza nell’aderire alle normative non solo mettono a rischio la fiducia dei consumatori ma evidenziano anche una zona grigia nel marketing digitale che necessita di maggiore regolamentazione e chiarimenti. Con l’attenzione ora rivolta a migliorare la trasparenza e l’etica nella pubblicità online, si apre una nuova fase di accountability per gli influencer e le piattaforme di social media, con l’obiettivo ultimo di proteggere i consumatori e mantenere un ambiente digitale sano e affidabile.